“Vuole diventare mamma?”: i numeri delle donne lavoratrici che, durante un colloquio conoscitivo, si sono sentite rivolgere questa domanda. La percentuale, purtroppo, è ancora molto elevata
“Ha figli in carico, o ha intenzione di averne in futuro?“: una domanda che la legge stessa vieta di porre durante un colloquio di lavoro, essendo finalizzata ad indagare rispetto ad una sfera che concerne la privacy della persona. Tuttavia – e purtroppo, occorre aggiungere – una percentuale ancora estesa di donne lamenta di essersi sentita rivolgere un quesito di tal genere durante il primo incontro con il datore di lavoro.
Non può essere un caso, tra l’altro, il fatto che la quantità di occupati di sesso maschile continui a rimanere più elevata rispetto agli occupati di sesso femminile (nel 2020, a livello europeo, le donne occupate erano il 67,3%, di contro al 79% degli uomini).
Dati a partire dai quali dovrebbe scaturire un’indispensabile riflessione, specie se ad una siffatta condizione – di per sé già sfavorevole per il genere femminile – si sommano l’umiliazione e la profonda ingiustizia della domanda con cui abbiamo aperto questo articolo. Ma quante sono, andando alle cifre, le donne che, durante un colloquio di lavoro, si sono sentite (illegittimamente) rivolgere un quesito di questo genere?
“Vuole diventare mamma?”: i numeri delle donne che si sono sentite rivolgere questa domanda
Seppur in calo rispetto al passato, è ancora elevatissima la percentuale di popolazione femminile che, durante un colloquio di lavoro, si è sentita porre questa domanda. Non bastano le molestie, i commenti inopportuni concernenti il vestiario, il make-up o la stessa corporatura. Non bastano i ricatti morali che purtroppo, in determinati ambienti lavorativi, continuano a perpetrarsi.
Secondo un’indagine condotta da People Management su un campione di 2.000 persone, ben 4 donne su 10 hanno riferito di aver ricevuto domande concernenti la cura dei figli, oppure circa un eventuale, futuro progetto di maternità.
Una percentuale tuttora molto ampia, dunque, che mal si sposa con gli interventi e le leggi varate negli scorsi decenni, volte a far sì che le donne potessero finalmente guadagnarsi un posto di primo piano all’interno del settore lavorativo, fuoriuscendo così dallo spazio domestico.
La questione non appare affatto migliore se si osservano i numeri delle donne che, dopo aver avuto bambini, riferiscono di esser state costrette ad abbandonare il loro ruolo manageriale: addirittura due terzi delle mamme lavoratrici intervistate da People Management. Molte delle madri occupate (il 40% del campione) hanno invece dichiarato di esser costrette a portare a termine i loro incarichi al di fuori dell’orario lavorativo.
Insomma, la situazione delle donne occupate è indiscutibilmente sfavorevole sotto molti punti di vista. Sembrerebbe, analizzando i dati, che ci sia ancora parecchia strada da fare in materia per raggiungere una reale parità.