Cinque verità, forse scomode, ma che se accettate ci aiuteranno a stare bene con noi stessi e quindi ad stare sereni e sì, anche ad essere felice.
Capita a tutti di vivere momenti e periodi della nostra vita in cui ci si sente insoddisfatti di quello che si ha e si è costruito nel tempo. Si finisce così per sentirsi sempre tristi, ci si lascia sopraffare dagli eventi e peggio ancora ci si lascia scorrere la vita addosso invece di prenderne le redini e stabilire la direzione.
Tutto questo è generalmente il frutto di uno stato emotivo che si crea nel tempo e che tiene conto, inconsciamente, di tutte le situazioni che viviamo ogni giorno; ma è anche il risultato di un modo di pensare che probabilmente ci è stato inculcato e che è difficile da cambiare. Dobbiamo essere felici a tutti i costi e dobbiamo considerare la felicità come la meta ultima dei nostri obiettivi di vita. E se non fosse esattamente così?
Dei tantissimi diritti che sono citati nella nostra Costituzione ce n’è uno che manca e che invece si ritrova nel primo emendamento della Carta dei Diritti statunitense, si tratta del diritto alla felicità, inteso come la libertà di ognuno di trovare la propria strada, il proprio modo di essere felici senza intaccare le libertà altrui. L’assunto è che siamo esseri unici ragion per cui abbiamo, giustamente, obiettivi, finalità e quindi anche concetti di felicità che differiscono, e fino a quando non si crea intralcio o si crea danno agli altri, ognuno di noi ha il diritto di seguire quello che ama per essere felice.
Ma detto questo, c’è da scontrarsi con la realtà dei fatti e con la vita quotidiana; può capitare quindi di ritrovarsi a vivere momenti di insoddisfazione che può essere determinata da tanti elementi che fanno parte del nostro quotidiano. Momenti del genere che ci fanno vedere l’obiettivo felicità come qualcosa di sempre più lontano. Ogni bravo psicologo, a questo punto, ci direbbe che forse per eliminare l’insoddisfazione dovremmo cambiare prospettiva e di conseguenza anche le nostre convinzioni. Magari dovremmo accettare il fatto che la felicità, essendo uno stato di animo, non può essere la meta ultima della vita e che invece di ricercarla in qualcosa che poi arriverà, dovremmo imparare a vivere quei tanti piccoli momenti di gioia che alla fine ci faranno dire che la nostra è una vita felice. Il che vuol dire anche accettare di vivere una vita fatta di alti e bassi.
Se l’insoddisfazione e la tristezza sono dati poi da un senso di inferiorità o dalla sensazione di sentirsi giudicati dagli altri, dovremmo imparare ad avere più sicurezza in noi. Perché se siamo i primi a giudicarci male, allora lo faranno anche gli altri; siamo fatti di limiti, ma non solo noi anche chi ci circonda.
Se accettiamo che la felicità è fatta di alti e bassi, allora dovremmo anche accettare le sfide la vita ci pone e che servono sempre a farci crescere. Non si tratta di sfortuna, ma più di un motore che ci aiuta a migliorare. La felicità è uno stato dell’essere, per cui è per definizione transitorio come tutti gli stati di animo; va da sé che le soddisfazioni sono importanti, accrescono la fiducia ma non ci danno la felicità eterna.
Infine, ricordiamoci che la comunicazione risolve l’80% dei nostri problemi: che sia al lavoro, in amore come in amicizia, dovremmo imparare a non tenerci tutto dentro e avviare un dialogo con gli altri.