Non è un fenomeno nuovo, ma nel post pandemia prende sempre più spazio: è il quiet quitting, cos’è, quali sono le sue cause e le eventuali conseguenze (soprattutto per le aziende).
Seguire scrupolosamente gli accordi contrattuali senza fare straordinari o assumersi altre tipologie di responsabilità, è il cosiddetto quiet quitting ovvero “l’abbandono silenzioso” -ma to quit è anche il verbo inglese equivalente al licenziarsi italiano – insomma è quel fenomeno che esprime la necessità sì di lavorare ma lasciandosi il giusto tempo libero, senza sovraccaricarsi e sfociare in periodi di forte stress e ansia.
È il diritto alla disconnessione ovvero allo staccare dalla modalità lavorativa e dare spazio ad altro, un concetto che in realtà non è nuovo ma che nel post pandemia e grazie anche all’hashtag sui social è diventato particolarmente virale, o molto più probabilmente se n’è capita l’importanza. Nei primi 3 mesi di lockdown siamo stati forzatamente chiusi in casa e abbiamo capito quanto sia importante il lavoro per la proprio crescita ed indipendenza personale -soprattutto perché in troppi hanno perso il lavoro in quel periodo -, ma ci si è resi conto anche che il lavoro non è tutto e che fare lavoro in remoto non vuol dire essere reperibili h24 solo perché si lavora da casa.
Altro fenomeno di cui si parla moltissimo dal post-pandemia e che è collegato in un qualche modo con il quiet quitting è il il concetto di burnout altro termine inglese che tra ad indicare che il “cervello è bruciato” ovvero è talmente in sovraccarico, soprattutto a causa del lavoro, che provoca un stato perenne di stress con tutto quello che questo comporta poi sia a livello fisico che mentale.
Secondo i dati recenti rilasciati dall’Osservatorio MindWork-BVA Doxa sul benessere psicologico in azienda, in Italia il 62% dei lavoratori soffrirebbe della sindrome del burnout e il 67% degli intervistato lo avrebbero sperimentato almeno una volta. In questo senso, allora, la visione del quiet quitting del fare il proprio lavoro e farlo bene senza però sentirsi obbligati a fare gli straordinari o ad essere sempre disponibili, non può e non deve essere più considerato un solo trend sui social -i cui numeri comunque 8,2 milioni di visualizzazioni solo su TikTok nel giro di qualche giorno- ma un vero e proprio monito per le aziende.
Altro dato importante da considerare è quello pubblicato sul Wall Street Journal, secondo cui negli Stati Uniti, dove il fenomeno è nato e la discussione è molto più accesa che qui da noi, la mentalità del quiet quitting ha fatto registrare un miglioramento della qualità della vita, in termini sia di salute mentale e fisica, in quei dipendenti che hanno cominciato a praticarla.
Il fenomeno comunque è destinato a crescere e rafforzarsi soprattutto con la Generazione Z per cui non sembrano tanto importanti i soldi nel lavoro quanto il giusto equilibro tra questo e la vita privata.