Professoressa destituita: “Assente per 20 anni su 24”. La sentenza a Chioggia, lamentele dagli studenti per la sua impreparazione e l’arbitrarietà nella valutazione.
Dopo un’ispezione ministeriale, che ha ritenuto il suo metodo di insegnamento incompatibile con gli standard richiesti, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, ha preso la decisione: professoressa destituita, “Assente per 20 anni su 24”.
La sentenza a Chioggia. La professoressa ha invocato la libertà d’insegnamento, ma la Corte di Cassazione ha respinto il suo ricorso e ha confermato la decisione di destituzione. Il giudizio è definitivo sul caso di una professoressa di storia e filosofia, confermando la sua destituzione dall’attività di insegnamento.
Nel marzo 2013, il MIUR ha inviato tre ispettrici per valutare i metodi impiegati in classe dalla professoressa di un istituto superiore. Il loro giudizio è stato severo, evidenziando l’assenza di criteri nella valutazione degli studenti, mancanza di chiarezza e confusione nelle spiegazioni.
Sono state evidenziate carenze nella sequenza logica delle lezioni, nell’attribuzione dei voti in modo arbitrario, nella cattiva organizzazione delle verifiche. È emerso che, alla donna, venivano assegnate, annualmente, le cattedre nella scuola di Chioggia. Non possedeva i libri di testo delle materie che insegnava e spesso li prendeva in prestito dagli studenti.
E’ moglie di un ufficiale della Guardia di Finanza, si pensa che questo abbia potuto aiutarla nell’inserimento nelle graduatorie. Dopo l’ispezione ministeriale, la professoressa è stata destituita dal suo incarico, scoprendo una lacuna: assente per 20 anni su 24.
La docente ha cercato di difendere le sue ragioni attraverso il sistema giudiziario, la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità della sua destituzione,
Nel 2018, il tribunale di primo grado aveva emesso una sentenza a favore della professoressa, dichiarando illegittima la sua destituzione. Lo scorso anno, la Corte d’appello di Venezia, ha ribaltato il verdetto e ha confermato la legittimità del licenziamento.
Durante tutto il processo legale, la donna ha sostenuto il concetto di “libertà di insegnamento”, i giudici non sono stati persuasi da questa argomentazione. Hanno chiarito che la libertà di insegnamento non significa che l’insegnante possa ignorare i metodi, l’organizzazione e la strutturazione delle lezioni.
Durante l’indagine del Ministero dell’Istruzione, richiesta dal dirigente dell’istituto, sono stati rilevati diversi problemi, tra cui una scarsa cura delle lezioni, l’uso continuo del cellulare durante le lezioni e una mancanza di attenzione verso gli studenti durante le loro interrogazioni.