Una moglie è stata maltrattata dal marito, per poi denunciare dopo anni i suoi terribili comportanti. Ora il Pm chiede l’assoluzione dell’uomo, appellandosi alla sua cultura. I coniugi sono originari del Bangladesh. Il caso, avvenuto a Brescia, sta catalizzando l’attenzione.
“È un fatto culturale, il reato di maltrattamento verso la moglie va assolto”. Questa è la linea del Pm di Brescia messa in atto durante il processo nel quale è coinvolta una coppia di coniugi.
La moglie ha 27 anni, è originaria del Bangladesh, ma ha anche la cittadinanza italiana. Madre di due figli, per anni è stata legata a un uomo anche lui proveniente dal suo stesso paese, diventato suo marito e da cui oggi si è separata.
Nel tempo, l’ex avrebbe sottoposto la consorte a pesanti maltrattamenti psicologici e fisici. Solo nel 2019, la 27enne sarebbe riuscita a trovare la forza per denunciare le botte e gli insulti ricevuti, accompagnati anche da pesanti minacce. In particolare il marito la teneva in scacco, dicendole che l’averebbe riportata in Bangladesh.
Da quanto emerso, l’uomo avrebbe avuto un rapporto di parentela con la 27enne, visto che sarebbe stato suo cugino che l’avrebbe comprata per 25mila euro. Quindi si trattava di un matrimonio combinato: le nozze si sarebbe tenute in Bangladesh alla morte del padre di lei. Diventati genitori di due figli, nel tempo sono arrivati i maltrattamenti che hanno spinto la ragazza a denunciare le violenze.
Sul caso si è pronunciato il Pm di Brescia e la cosa ha fatto discutere molto (scopri un approfondimento sul caso dello stupro di Palermo).
Secondo quanto sottolineato dal Pm di Brescia, i maltrattamenti denunciati dalla 27enne se in Italia sono sanzionati, non è lo stesso in Paesi come il Bangladesh in cui sono tollerati dalle tradizioni e in alcune situazioni perfino accettati dalle normative locali.
Pertanto per il Pubblico Ministero, il marito della vittima non sarebbe imputabile, in quanto i comportanti sferrati nei confronti della moglie sarebbe dettati dal retaggio culturale. Quindi non sarebbe colpa dell’uomo, visto che le sue azioni non sono il frutto della sua volontà, ma dalle radici del contesto bengalese.
Questo è il file rouge delle conclusioni depositate del Pm nell’ambito del processo e ora si attende la sua sentenza finale – prevista a ottobre – per capire come si chiuderà la vicenda (qui ti abbiamo parlato di un altro caso giudiziario e una sua svolta importante).
Intanto, la 27enne a sua difesa ha sottolineato come sia stata trattata in questi anni da schiava e come la cultura di origine non possa essere una scusa per legittimare simili comportanti.