Diana, la piccola morta di stenti: “Alessia Pifferi la lasciava in casa per uscire in limousine”. Emergono nuovi dettagli sul caso
Il caso di Alessia Pifferi, o meglio della piccola Diana, è tra le vicende di cronaca che hanno scosso enormemente il nostro paese. L’opinione pubblica non riesce a spiegarsi la violenza, l’efferatezza di quanto accaduto alla minore. Occorre ricordare che la piccola è stata rinvenuta senza vita, perché morta di stenti, all’interno della sua abitazione. Lasciata sola da sua madre per un fine settimana: attualmente la donna è accusata di omicidio volontario e premeditato.
Una prima ricostruzione dei fatti vede la trentasettenne decidere scientemente di lavare e vestire la sua bambina, darle del latte contenente una grande quantità di tranquillanti e lasciare Milano alla volta di un weekend fuori porta con il suo compagno. Un primissimo e lungo interrogatorio in cui la donna aveva ripetutamente sostenuto di credere che sua figlia potesse farcela, anche se in fondo immaginava “che poteva andare così” – queste le sue parole.
Stanno emergendo nuovi dettagli sul caso di Alessia Pifferi: in tribunale sono state portate in aula rivelazioni sconvolgenti da parte di Marco Calì – il capo della squadra mobile di Milano. L’uomo infatti ha sostenuto che la donna era solita “lasciare la bambina da sola in casa e uscire con la limousine”. Ascoltata anche la madre dell’imputata la quale ha raccontato di uno scambio di messaggi con sua figlia.
Sembrerebbe infatti averle mandato alcuni SMS durante la giornata del 20 luglio chiedendole come avesse trascorso la giornata con Diana, e Alessia avrebbe risposto che andava tutto bene, salvo qualche momentaccio legato ai dentini. Solo in un secondo momento la nonna della vittima si è resa conto di quanto stava accadendo quel giorno. In aula ha spiegato che sua figlia sarebbe andata al mare proprio in quei giorni.
Alla richiesta di una videochiamata da parte della nonna, la Pifferi avrebbe negato la possibilità di farle vedere la nipote perché “stava dormendo”. La donna è apparsa in aula particolarmente provata e ha riportato alla memoria i momenti della gravidanza della figlia, in cui la trentasettenne non aveva intenzione di dire nulla ai familiari tantomeno, di dichiarare chi fosse il padre della bambina. Fu solo il giorno del parto che “mi ha mandato un messaggio per dirmi che ero diventata nonna”.
Attualmente pende su di lei un’accusa di omicidio volontario pluriaggravato, considerando che solo durante il mese di luglio la donna ha lasciato la bambina da sola in ben tre occasioni.