Una normale richiesta di pagamento con il bancomat si è trasformata in un caso mediatico: ecco cosa è accaduto ad una cliente in un locale della città veneta.
Immaginate di entrare in un bar al primo mattino per gustare un cappuccino e una brioche comodamente seduti al tavolo, cominciando così bene la giornata. Ora immaginate di chiedere, una volta terminato di consumare il pasto, di pagare con il Pos e di ricevere una risposta positiva. Fin qui tutto bene, almeno sino al momento in cui sullo scontrino non compare la voce in cui il servizio di pagamento con il bancomat viene contato con un supplemento di €1,00. Di certo, la colazione va un po’ di traverso.
E’ quello che è accaduto ad una cliente in un bar della città di San Donà di Piave, a Venezia, che ha subito denunciato il caso. Il sovraccosto, inoltre, è stato rettificato sullo scontrino insieme alla voce del pagamento in contanti pari alla somma della colazione più il supplemento Pos. Il risultato? € 4,70 di colazione comprensivi del sovrapprezzo. La donna ha prontamente chiesto spiegazioni, ma il locale non è stato molto collaborativo. Così si è rivolta direttamente alla polizia locale per presentare una contestazione ufficiale, bolla d’acquisto alla mano. Ma è davvero legale chiedere un surplus per i pagamenti con bancomat o carta di credito? Scopriamo la risposta.
Pagamenti in bancomat e supplementi: come stanno davvero le cose
Il detto dice che il cliente ha sempre ragione, ma in questo caso è realmente così. Il supplemento applicato al costo di consumazione nel locale per i pagamenti Pos non solo non è consentito ma è proprio vietato. Per quanto in Italia non sia ancora molto sviluppata la cultura del pagamento elettronico, nel resto d’Europa è in realtà una pratica molto diffusa. Dal 2014 tutti le attività commerciali sono tenute ad avere il Pos per permettere i pagamenti elettronici, ma dallo scorso anno è diventato un obbligo.
A dirlo non è soltanto la direttiva europea 2015/2366 che regola la sicurezza dei consumatori, meglio conosciuta come PSD2, ovvero la Payment Service Directive 2, ma anche lo stesso Codice del Consumo. L’articolo 62 sottolinea infatti che: “I professionisti non possono imporre ai consumatori, in relazione all’uso di determinati strumenti di pagamento, spese per l’uso di detti strumenti“. Quindi, nel caso della cliente a Venezia, l’esercente non poteva per nessun motivo addebitare il prezzo aggiuntivo per aver utilizzato uno strumento consentito per legge. Come si può intuire, chi effettua questa mossa scorretta incorre in multe molto salate.
Le cifre vanno dai 2mila fino a 5mila euro, da pagare in tempi molto brevi. Dunque, la colazione della cliente nel caso del bar veneto potrebbe diventare molto salata data la contestazione formale della donna. Ma è possibile denunciare questo tipo di infrazioni anche sul sito dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in pochi minuti, avviando una pratica testuale. Inoltre, PagoBancomat dal 2021 ha azzerato tutte le commissioni inferiori ai 5 euro, così come Nexi ha previsto per il 2023 un rimborso a cadenza semestrale per le commissioni al di sotto dei 10 euro. Dunque, la legge parla chiaro e gli escamotage pure.
In questo caso la vicenda accaduta alla cliente a Venezia non solo è diventata subito virale, ma ha permesso di mettere a conoscenza i cittadini della pratica scorretta dell’esercente e della legge a tutela dei consumatori.