La storia di Chiara Corbella morta a 28 anni per salvare il figlio. A dieci anni dalla scomparsa il comune di Roma le intitola una strada.
A più di 10 anni dalla sua scomparsa, la storia di Chiara Corbella torna alla ribalta dopo che il comune di Roma Capitale ha deciso di dedicarle una strada, una piazza o un giardino pubblico. Il consiglio comunale ha infatti approvato una mozione proposta dai consiglieri del gruppo Fratelli d’Italia; tra l’altro a citarla era stata la stessa Premier Giorgia Meloni durante il discorso di insediamento, inserendola tra le sedici donne che l’hanno ispirata.
Per la giovane ventottenne romana è in corso anche il processo di beatificazione, la sua storia oggi come allora si sta diffondendo in tutto il mondo. L’intitolazione di un luogo della Capitale può avvenire anche perché è trascorso, secondo il regolamento comunale, il giusto periodo di tempo che prevede un omaggio dopo almeno 10 anni dalla scomparsa.
La storia di Chiara Corbella morta per salvare il figlio
Chiara Corbella è morta il 13 Giugno del 2012 a causa di un cancro alla lingua; all’epoca la sua storia colpì perché la giovane decise di posticipare le cure per portare avanti la gravidanza, la diagnosi era infatti arrivata quando la donna era ormai al quinto mese di gravidanza.
Sposata dall’età di 24 anni con Enrico la coppia aveva già avuto due figli negli anni precedenti, entrambi purtroppo morti ancora neonati a causa di anencefalia e gravi malformazioni. La notizia della terza gravidanza deve essere stata non solo molto attesa ma anche un nuovo spiraglio di speranza per i due giovani molto cattolici. Al momento della diagnosi, quindi, è stata istintiva la decisione di Chiara di non avviare subito le cure pur di portare a termine nel migliore dei modi la gravidanza e salvare così la vita del figlio. Purtroppo gli interventi successivi non sono poi bastati a salvarle la vita.
Nel Luglio del 2018 la Santa Sede ha poi annunciato l’avvio del processo di beatificazione e canonizzazione per Chiara richiesta in particolare dall’associazione che porta il suo nome che giustificava questa richiesta con una didascalia concisa e semplice: “La sua oblazione rimane come faro di luce, della speranza, testimonianza della fede in Dio“.
Dalla sua storia sono stati tratti anche una serie di libri, in uno di questi il marito Enrico ha inserito anche la lettera testamento lasciata per il primo compleanno del figlio: “Lo scopo della nostra vita è amare ed essere sempre pronti ad imparare ad amare gli altri come solo Dio può insegnarti“.